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La storia di Pennabilli

Pennabilli, sul Monte Carpegna, conta 3100 abitanti. Ricco di storia medievale, subì il dominio di Malatesta, Montefeltro e Medici. Sede della diocesi dal 1572.


Descrizione

Il comune di Pennabilli è situato sul versante occidentale del monte Carpegna, il suo territorio è compreso tra i 295 e i 1375 metri s.l.m., conta circa 3100 abitanti. Nella sua giurisdizione sono comprese le frazioni di Ca’ Romano, Maciano, Miratoio, Molino di Bascio, Scavolino e Soanne ed il popoloso borgo di Ponte Messa. È situato in una posizione dominante l’alta valle del fiume Marecchia, che nasce dal monte della Zucca e sfocia a Rimini dopo un percorso in una suggestiva vallata. È compreso nel territorio denominato Montefeltro il cui termine deriva, probabilmente, da Mons Feretrius, identificabile con l’attuale abitato di San Leo, sul quale il console romano Marcello vincitore sui Galli nel 220 a.C. avrebbe eretto un tempio in onore di Giove Feretrio. Secondo altri, invece, il termine Mons Feretrius o Mons Feretri, è riconducibile alla voce umbro-sabellica “Fell eter” che significa monte pecoraro o monte delle pecore. Successivamente il nome di Montefeltro si estese oltre i confini originari, fino a comprendere l’attuale territorio della diocesi del Montefeltro o diocesi feretrana.

Ritrovamenti archeologici fanno risalire i primi insediamenti abitativi nel territorio di Pennabilli all’epoca etrusco-romana. Nell’anno 410 d.C. Alarico, re dei Visigoti, distrusse il pago o vico dei Billi, situato nell’attuale borgo di San Lorenzo, la cui denominazione deriverebbe da Bel nome etrusco del dio Baal, venerato da alcuni popoli orientali, al quale venivano offerte vittime umane sacrificate sul fuoco; secondo altri, il termine Billi deriverebbe invece dal termine etrusco bilia che significa “cima tra gli alberi”. In favore della prima versione, la tradizione narra che, in epoca romana, il culto per il dio Bel venne sostituito da quello per Vulcano, dio del fuoco, al quale subentrò, in epoca cristiana, il culto per San Lorenzo, martirizzato, a sua volta, col fuoco.

Gli abitanti si rifugiarono così dal pago dei Billi, sulla naturale altura della Rupe che, per le asperità del terreno, offriva maggior sicurezza alle incursioni barbariche e vi costruirono un primo nucleo abitativo che, per successive fortificazioni, si trasformò in castello. Le popolazioni stanziate lungo il fiume Marecchia e gli abitanti del foro di Messa, durante le stesse incursioni barbariche, trovarono invece rifugio sull’altura, denominata attualmente Roccione, per dare origine all’insediamento, di Penna, che significa vetta.

Nel 476 d.C. Odoacre, re degli Eruli, impadronitosi dell’Italia, concesse in premio ad un suo militare, Armileone Carpigno, il castello di Pietrarubbia, il monte Maggiore o monte Olimpo (che da allora prese il nome di monte Carpegna) ed il castello di Billi.

La tradizione narra che successivamente, intorno all’anno mille, un discendente della famiglia Carpegna, Gianni della Penna, soprannominato “Malatesta” per le intemperanze del carattere, edificò il castello della Penna e diede inizio all’omonimo casato, che nel corso degli anni, dopo aver fatto tappa a Verucchio, si insediò a Rimini. Comunque il primo Malatesta di cui si hanno notizie certe, è sicuramente un Giovanni primo, detto Malatesta della Penna, che visse nella prima metà dell’anno mille; fu il padre del dantesco Mastin Vecchio da Verucchio e nonno quindi degli altrettanto celebri Gianciotto, Paolo e Malatestino dall’occhio.

I due castelli di Penna e di Billi costituirono due comunità distinte per molti anni, finché, nel 1350 divenuti liberi comuni, per volontà popolare, decisero di fondersi. Il patto fu sancito presso quella che fu poi denominata “pietra della pace” interrata nei pressi dell’attuale fontana della piazza principale del paese. Lo stemma di Pennabilli così costituitosi, è rappresentato, infatti, da un’aquila appollaiata su due rocche.

Nel medioevo e fino al 1498, Pennabilli subì il dominio di varie dinastie, alternandosi il predominio dei Malatesta, dei Montefeltro e dei Medici. Quando i Montefeltro diedero origine al ducato di Urbino, Pennabilli entrò a farne parte. In questo periodo, vennero edificate mura ed altri accorgimenti difensivi, in parte ancora visibili, per opera del pennese Giovanni Battista Mastini, probabile discendente di un ramo cadetto dei Malatesta. Poco dopo, il Montefeltro, ad eccezione di San Leo, venne occupato da Cesare Borgia, detto il Valentino, per essere poi riconquistato da Guidobaldo da Montefeltro. Successivamente, nel 1516, papa Leone X conferì a Lorenzo De’ Medici il titolo di duca di Urbino. Pennabilli si oppose alla nuova dominazione, e fu cinta d’assedio da 20.000 soldati delle truppe medicee. Il 23 febbraio del 1517 la Vergine Maria apparve miracolosamente sulle mura della città mettendo in fuga gli assalitori. Nel 1521, alla morte di papa Medici, il comune di Pennabilli tornò ai Montefeltro; seguì la riconquista del Montefeltro ad opera di Giovanni De’ Medici, detto Giovanni Dalle Bande Nere; breve ritorno dei Montefeltro ai quali succedettero i Della Rovere; per mancanza di discendenza maschile nelle due dinastie, subentrò, definitivamente, lo Stato pontificio.

Nel 1572 papa Gregorio XIII trasferì la diocesi del Montefeltro, per motivi di sicurezza, da San Leo a Pennabilli. Il trasferimento venne ratificato sotto il pontificato di Pio V che, proclamato santo, divenne il patrono della città di Pennabilli, divenuta tale in quanto sede della diocesi.

Nel 1814, alla fine del regno italico di Napoleone, sotto il papato di Pio VI, la Santa Sede provvide al distacco di Pennabilli e di tutto il Montefeltro dalla terra di Romagna, fino a che si giunse all’unificazione del regno d’Italia del 1860.

La sintetica ricostruzione storica dei fatti più lontani qui riportati, tiene conto della tradizione e della vulgata tramandateci dagli storici locali. In assenza di documentazione certa, il nostro obiettivo esula da ogni pretesa di veridicità storica, volendo fornire solo un inquadramento storico sufficiente per apprezzare al meglio quello che resta del nostro passato.

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